Il Covid frena l’innovazione delle imprese italiane

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Metodologia 6. Formulazione Strategia

A inizio maggio è stato rilasciato dall’ISTAT il report “L’innovazione nelle imprese | Anni 2018-2020”, pubblicazione che descrive il rapporto delle imprese italiane con l’innovazione, l’impatto della pandemia da Covid-19 su tali scelte ed i conseguenti risultati in termini economici.

Il tema dell’innovazione, e dei relativi investimenti in nuovi prodotti e processi, non è certamente da trascurare nell’ampio panorama dell’internazionalizzazione d’impresa. Ad esempio, uno studio australiano focalizzato sul caso delle PMI segnala l’esistenza di un legame tra i due fenomeni, dimostrando che l’innovazione può condurre all’esportazione, e che l’innovazione di prodotto mostra un impatto più rapido rispetto a quella di processo.
Allargando lo sguardo all’ampio panorama della letteratura in merito, emerge con chiarezza che tra i concetti di innovazione e internazionalizzazione sussistono “relazioni complesse, significativamente influenzate da una molteplicità di fattori firm, industry e market specific” (De Luca, 2015). Il messaggio generale suggerito da questo filone di studi è quindi la possibilità di un crescente nesso di causalità reciproca tra due fondamentali processi aziendali.

Andiamo allora ad approfondire il quadro italiano dell’innovazione nelle imprese, in una fase storica di shock economico generalizzato, focalizzandoci soprattutto sul caso delle PMI.

Il punto sull’innovazione

L’elemento chiave sottolineato dalla recente analisi ISTAT è l’atteso calo della quota delle imprese che nel periodo 2018-2020 ha svolto attività innovative, fenomeno che appare inevitabile, complice la crisi sanitaria. Nell’ultimo triennio esaminato, la quota di imprese (industriali e di servizi, con più di 10 addetti) che ha svolto attività innovative è stata pari al 50.9%, contro il 55.7% del periodo 2016-2018 – mostrando quindi una riduzione di quasi 5 punti percentuali. La quota del periodo 2018-2020 resta invece debolmente al di sopra del triennio 2014-2016.

Come si nota dal grafico di seguito, se la propensione ad innovare cresce all’aumentare delle dimensioni aziendali, la contrazione della quota di imprese con attività innovative nell’ultimo triennio considerato ha riguardato tanto le piccole quanto le medie e le grandi imprese.

Guardando invece alle dinamiche dell’innovazione per settori, i dati ISTAT mostrano come sia l’Industria a presentare la maggiore propensione all’innovazione, ma anche a registrare il crollo più ampio nel 2018-2020, rispetto al 2016-2018: la quota di imprese impegnate in attività innovative scende infatti dal 65.7% al 58.5%. Calo più modesto per il settore dei Servizi (-3.9 p.p.) mentre, in controtendenza, cresce la quota di imprese con attività innovative per il settore delle Costruzioni (+3.3 p.p.).

Focalizzandoci sul solo 2020, notiamo come la spesa per attività innovative si sia ridotta di oltre il 25% rispetto al 2018. Infatti, il 14.1% delle imprese con attività innovative ha sospeso definitivamente tali attività, il 24.5% le ha sospese solo temporaneamente, mentre il 26.2% si è trovato a fronte della necessità di ridurle.
In questo contesto, il gruppo più colpito è stato quello delle piccole imprese (10-49 addetti), il 66.7% delle quali ha sospeso o ridotto le proprie attività di innovazione, a fronte di una quota più ridotta per le medie (50-249 addetti) e le grandi imprese (250 e oltre), rispettivamente pari al 56.1% e al 50.2%.

Quali ostacoli? Secondo il report ISTAT, circa la metà delle imprese considera i costi di innovazione troppo elevati e la presenza di un’elevata concorrenza sul mercato come i principali ostacoli all’innovazione. Questi fattori sembrano tanto più gravare sulle piccole imprese, particolarmente sensibili ai costi di innovazione e alla mancanza di risorse finanziarie.

Conclusioni

I dati ISTAT mostrano con chiarezza come la crisi sanitaria abbia duramente colpito l’innovazione aziendale, tanto più sul fronte delle PMI. Sussistono quindi ampi spazi di miglioramento per rafforzare la competitività delle imprese e le loro possibilità di successo sui mercati internazionali.
Se nel 2020 l’export italiano ha registrato una contrazione dell’8% a prezzi correnti, si stima un rimbalzo del 17.8% nel 2021, che avrebbe portato a superare la soglia record dei 500 miliardi di euro. Il potenziale delle esportazioni italiane risulta quindi molto ampio, ma per continuare ad esportare con successo, rimanendo al passo coi tempi e con i competitori, risulta sempre più chiaro come non si possa prescindere dall’innovare.